L’AUTORE
Nato a Cremona, nel 1567, in una modesta famiglia, Claudio Monteverdi fu avviato giovanissimo alla musica, che studiò sotto la guida del maestro di cappella del duomo di Cremona, Marcantonio Ingegneri, il quale gli diede lezioni di viola e di composizione. A 15 anni, nel 1582, pubblicò la sua prima opera, la raccolta ” Sacrae Cantiunculae” a 3 voci, a cui seguirono, nel 1583, i Madrigali Spirituali a 4 voci e, nel 1584, le Canzonette a 3 voci. La pubblicazione del Primo Libro dei Madrigali (1587) segnò il suo ingresso nel novero dei più grandi compositori europei del tempo. Trasferitosi a Mantova, presso la Corte dei Gonzaga, come corista e violista, in breve si affermò anche come compositore. La crescente importanza del ruolo di Monteverdi presso la corte mantovana, sia come compositore, sia come concertatore e direttore di manifestazioni musicali, gli valse nel 1603 il titolo di maestro di cappella del duca Vincenzo. Nel 1607 esordì nell’ambito teatrale con l’Orfeo su libretto di A. Striggio, favola in musica commissionatagli dal duca per rivaleggiare con gli sfarzosi spettacoli della corte fiorentina (Camerata de’ Bardi), che sette anni prima avevano inaugurato la consuetudine delle opere in musica con l’Euridice di J. Peri.
La composizione, nel 1608, dell’Arianna (di cui è pervenuto solo il Lamento, un episodio rielaborato dallo stesso compositore anche come madrigale a cinque voci e come Lamento della Madonna in una versione sacra per voce e basso continuo), poneva Monteverdi alla testa del movimento che, alle soglie del barocco, andava saggiando le molteplici possibilità espressive offerte dalle nuove acquisizioni stilistiche. Era in certo modo, da parte del musicista, una risposta alle violente critiche mossegli a più riprese dal canonico bolognese G.M. Artusi, che in Monteverdi indicava il rappresentante più significativo di una corrente iconoclastica e negatrice dei supremi ideali di chiarezza e di equilibrio dell’estetica rinascimentale.
Dopo aver inutilmente desiderato e tentato di diventare Maestro di Cappella della Sistina a Roma, alla morte di Vincenzo Gonzaga (1612) Monteverdi lasciò la corte mantovana, e nel 1613 ottenne il posto, ambitissimo e ben remunerato, di maestro della veneziana basilica di San Marco. A Venezia rimase, con questo incarico, praticamente per tutto il resto della sua vita, impegnandosi in una fervida attività creativa. Testimonianza di tale attività furono la regolare pubblicazione dei propri madrigali (di cui, nel 1638, pubblicò l’ottavo libro, intitolato Madrigali guerrieri et amorosi e contenente anche composizioni drammatiche, come il celeberrimo Combattimento di Tancredi e Clorinda su testo tratto dal XII canto della Gerusalemme liberata di T. Tasso, e il Ballo delle Ingrate) e la composizione di opere e balletti per nobili famiglie veneziane e per le corti di Mantova, Parma e Vienna (pagine in gran parte perdute) e di musiche sacre per chiese veneziane.
A coronamento della propria attività compositiva, Monteverdi scrisse due grandi lavori teatrali per due teatri pubblici di Venezia: nel 1641 Il ritorno di Ulisse in Patria, su libretto di G. Badoaro, per il Teatro San Cassiano, e nel 1642 L’incoronazione di Poppea, su libretto di G.F. Busenello, per il Teatro dei Santi Giovanni e Paolo.
Monteverdi muore nel novembre 1643. Le sue spoglie riposano nella Cappella dei Milanesi alla Basilica dei Frari a Venezia.
IL BRANO
A Venezia, durante i 30 anni in cui fu attivo come maestro di cappella a San Marco, Monteverdi compose molti capolavori che hanno segnato la storia della musica sacra.
“Adoramus Te” è un brano corale composto in quel periodo quando, musicalmente, la voce solista era già stata in gran parte soppiantata dalla polifonia. Come parte del suo incarico a San Marco, Monteverdi doveva fornire ogni anno nuova musica per la festa della Santa Croce.
“Adoramus Te”, ed altri mottetti inseriti nei volumi editi nel 1620: Libro Primo dei mottetti e Libro Secondo dei mottetti di Giulio Cesare Bianchi, uomo di lettere e poeta, suo allievo, sono stati senza dubbio prodotti per questa festa. “Adoramus Te” è uno dei brani più emozionanti. A brevi parti pressoché omofoniche, intervengono momenti di grande polifonia dove spesso trovano risalto le singole voci, di solito contralto o soprano, con la melodia che movimenta la composizione in modo efficace esaltando il testo con la grandezza del suono.
IL TESTO
Adoramus te, Christe,
et benedicimus tibi,
quia per sanctam crucem tuam
redemisti mundum.
Miserere nobis.
Ti adoriamo, o Cristo
e ti benediciamo,
perché con il tuo santa Croce
hai redento il mondo.
Abbi pietà di noi.
Audio: Adoramus